Al momento stai visualizzando La Sicilia sempre più povera, se la giustizia sociale resta una parola

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 20 febbraio quale Giornata Internazionale della Giustizia Sociale. Fa un certo effetto parlare di giustizia sociale in un mondo (ancora) attraversato da guerre e da profonde diseguaglianze, nel quale una parte consistente della popolazione vive in povertà assoluta, dove un abitante ogni cinque non ha accesso all’acqua potabile e nel quale quasi due terzi della nuova ricchezza prodotta finisce nelle mani dell’uno per cento della popolazione.

Ma essa rappresenta certamente un’opportunità di sensibilizzazione oltre che costituire occasione per ripensare politiche e pratiche volte a ridurre le disparità e a promuovere la costruzione di società equilibrate, coese ed inclusive.

Giustizia sociale è termine ampio. Alla base vi è il riconoscimento di un nucleo di diritti intangibili spettanti a tutti e a ciascuno e la convinzione che tutte le persone dovrebbero avere pari opportunità di accesso alle risorse, ai diritti ed alle possibilità di realizzazione personale indipendentemente dalla loro origine sociale, etnica, economica o culturale.

Il riconoscimento e la garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo “come singolo e nelle formazioni sociali” e la pari dignità sociale assicurati senza distinzione, ricevono massima consacrazione nella nostra Carta Costituzionale. Non costituiscono esse mere affermazioni di principio: infatti, è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”.

Non è, pertanto, sufficiente l’astratto riconoscimento dei diritti se poi le diseguaglianze tra gli individui non vengono corrette attraverso interventi pubblici finalizzati ad attuare politiche di tipo redistributivo. E’ quello che accade (o dovrebbe accadere) nel moderno welfare State, evoluzione dello Stato liberale: ad un generalizzato riconoscimento dei diritti sociali (alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’assistenza in caso di bisogno) corrispondono prestazioni positive da parte dei pubblici poteri a favore dei cittadini al fine di ridurre le diseguaglianze materiali tra gli stessi derivanti dalla diversità nella distribuzione del reddito e delle opportunità di vita.

Che le società siano, però, turbate dalle ingiustizie è cosa che non può fare a meno di constatarsi inequivocabilmente. Così come si assiste ad un peggioramento delle condizioni materiali ed esistenziali di intere comunità, all’aumento delle diseguaglianze e all’esclusione sociale di intere sacche di popolazione.

Secondo recenti studi, la Sicilia figura tra le prime regioni d’Europa con la quota più alta di persone a rischio povertà assoluta. Le diseguaglianze economiche sono causa, poi, di diseguaglianze sociali, di marginalità esistenziale; è un dato, che per le fasce più disagiate della popolazione, inoltre, la possibilità di accesso ai servizi primari è sensibilmente più difficoltosa. A loro volta, le diseguaglianze sociali si ripercuotono anche sugli spazi in cui si vive, portando spesso alla creazione di ghetti, oltre a determinare condizioni di conflittualità sociale e condotte delittuose che la cronaca si fa carico di segnalarci quotidianamente.

“I doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, previsti dall’art. 2 della nostra Costituzione ma, soprattutto il loro concreto adempimento, costituiscono la colonna portante di una risposta politica e sociale di cui si continua ad avvertire, soprattutto, nel nostro meridione, estremo bisogno.

In tale ottica, il PNRR, nel riaffermare la necessità di un impegno comune verso un mondo più equo, inclusivo e sostenibile, dedica una delle sei missioni proprio alla “inclusione e coesione sociale” rendendo protagonisti i Comuni e le aree metropolitane nella definizione ed esecuzione dei progetti a valenza sociale e nell’equa distribuzione di beni, risorse ed opportunità in quanto Enti vicino ai territori, ai cittadini e ai loro bisogni.

In questo ambito, numerosi e variegati possono essere gli interventi e le iniziative per (ri)affermare la giustizia sociale nelle città: programmi di housing first, per persone a basso reddito o senza fissa dimora; progetti per la loro presa in carico da parte dei servizi sociali; programmi di rigenerazione urbana per creare spazi di cui tutti possano usufruire; potenziamento della rete del trasporto pubblico in modo che sia accessibile anche a chi si trovi in condizioni di disabilità o che viva in quartieri svantaggiati; infine, la predisposizione di programmi di istruzione e formazione per migliorare le opportunità di accesso al lavoro e, a monte, garantire l’accesso equo all’istruzione a tutti i livelli: numerose analisi hanno mostrato come, in special modo nel Sud d’Italia, uno dei principali fattori di disgregazione sia l’accesso all’istruzione e che ad un basso titolo di studio corrisponda più spesso disoccupazione o inattività.

Se è doveroso sfruttare al meglio le risorse del PNRR è altrettanto doveroso attuare politiche attive per garantire il rispetto della dignità di ciascuna persona tutelandone i diritti fondamentali e per realizzare una società che sia giusta e bilanciata in termini di distribuzione della ricchezza, di pari opportunità e di accesso ai servizi in modo che ogni individuo abbia la possibilità di esprimere il proprio potenziale e di condurre un’esistenza dignitosa.

Si è tanto discusso su questi temi ed è inutile negare che all’ampiezza e alla qualità delle analisi (per non dire alla retorica) sovente non è corrisposta la prontezza e l’efficacia delle azioni. Che non sempre e non solo dipendono da chi ci governa, perché ciascuno è artefice del proprio destino. Ma lo è anche di quello della comunità in cui vive.

Dott.ssa Laura Abbadessa – DC Sicilia

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